(Adnkronos) – Il fisico asciutto, tirato e l’attenzione a tavola per un’alimentazione maniacalmente super sana. E’ l’ortoressia che in Italia – secondo i dati del ministero della Salute – coinvolge 300-400mila persone, su oltre 3 milioni che soffrono di disturbi del comportamento alimentare. “L’ortoressia colpisce maggiormente gli uomini (11,3%) che le donne (3,9%). E a livello internazionale, le meta-analisi mostrano tassi medi del 20-30% nei campioni studiati, con giovani adulti e adolescenti come fascia più esposta”. A porre l’attenzione su questa patologia in crescita, ma ancora troppo sottovalutata, è Lilac-Centro Dca, digital health tech startup prima realtà in Italia nata con l’obiettivo di creare un modello innovativo per il trattamento dei disturbi alimentari. 

“Prendersi cura della propria alimentazione è importante – spiega Giuseppe Magistrale, psicoterapeuta e co-founder di Lilac-Centro Dca – e scegliere cibi freschi può certamente contribuire al benessere. Ma è altrettanto importante che questa attenzione non diventi un sistema rigido di regole. Quando il valore di ciò che mangiamo viene misurato solo in termini di ‘purezza’ o ‘correttezza’, il rischio è che la ricerca di equilibrio lasci spazio a un rapporto ansioso e iper-controllato con il cibo. Ed è proprio in questa trasformazione silenziosa che il confine tra cura e ossessione può diventare sottile”. 

Anche se non è ancora ufficialmente inserita nel Dsm-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), l’ortoressia desta sempre più attenzione nella comunità scientifica. “Vivere una condizione di ortoressia spesso è sintomo di un disagio personale più profondo, legato possibilmente a insicurezze o traumi e spesso con conseguenze pericolose sia dal punto di vista relazionale che fisico – chiarisce Magistrale – Il trattamento richiede un approccio multidisciplinare: psicoterapia per lavorare su pensieri rigidi e perfezionismo, psicoeducazione nutrizionale per ristabilire un rapporto realistico con il cibo e, nei casi più complessi, supporto medico per la gestione delle conseguenze fisiche”. 

“Un percorso psicologico – aggiunge Filippo Perotto, co-founder di Lilac-Centro Dca – può essere di grande aiuto per riconoscere non solo le cause che portano la persona ad assumere tali comportamenti disfunzionali, ma anche a modificarli e ritrovare un rapporto con il proprio corpo e con il cibo più salutare”. Secondo l’associazione, c’è poi un altro aspetto da considerare. Una ricerca (2020 Yılmaz) ha indagato la possibile associazione delle tendenze ortoressiche con sintomi ossessivo-compulsivi, atteggiamenti alimentari ed esercizio fisico, evidenziando come queste tendenze dei partecipanti che svolgevano regolarmente esercizi fisici erano più elevate rispetto a quelle dei soggetti con diagnosi di disturbi ossessivi-compulsivi e degli individui sani che non svolgevano alcun esercizio. 

“Per quanto ovviamente siano necessari studi con campioni di grandi dimensioni e diagnosi diverse per determinare il ruolo dell’ortoressia nervosa nei sistemi di diagnosi e classificazione – puntualizza Magistrale – un punto in comune può essere però quello di una certa ricerca della perfezione che, unita a una possibile e sottesa bassa autostima, può far cadere nel perfezionismo chi sta vivendo nella condizione dell’ortoressia”. 

“Senza dimenticare – conclude Perotto – la pressione sociale e ‘social’ che gli uomini subiscono ormai sempre più frequentemente nel dover dimostrare di avere un fisico ‘fit’. Pressione che porta, inoltre, a una normalizzazione delle diete restrittive fatta di alimenti iperproteici, spesso assunti in grandi quantità e a discapito degli altri nutrienti, e senza reale utilità e beneficio per l’organismo. Ma spinti, anche, da un marketing aggressivo che negli ultimi anni ha visto crescere il segmento dei cosiddetti prodotti ‘ricchi in proteine’ del 20%, per un valore di mercato complessivo che supera i 2 miliardi di euro (dati Osservatorio Immagino Gs1 Italy)”. 

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